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Il contrasto alla criminalità transnazionale nell'unione europea: Atti di indagine e regime di acquisizione probatoria

  • Autores: Francesca Lai
  • Directores de la Tesis: Angel Tinoco Pastrana (dir. tes.), Maria Francesca Cortesi (dir. tes.)
  • Lectura: En la Università degli Studi di Cagliari ( Italia ) en 2018
  • Idioma: italiano
  • Número de páginas: 388
  • Títulos paralelos:
    • The fight against transnational crime in the European Union: Investigative measures and regime for obtaining evidence
    • La lucha contra la delincuencia transnacional en la Unión Europea: Medidas de investigación y régimen para la obtención de la prueba
  • Tribunal Calificador de la Tesis: Roberto Cavallo Perin (presid.), Maria Francesca Cortesi (secret.), Mar Jimeno Bulnes (voc.), Rossella Fadda (voc.), Angel Tinoco Pastrana (voc.)
  • Programa de doctorado: Programa de Doctorado en Derecho por la Universidad de Sevilla
  • Materias:
  • Enlaces
    • Tesis en acceso abierto en: Idus
  • Resumen
    • Il tema della cooperazione giudiziaria europea in materia penale1 rappresenta un‟occasione preziosa di riflessione e di studio sia dei profili strettamente pertinenti le forme di collaborazione, che delle ripercussioni negli ordinamenti processuali nazionali. Ciò, soprattutto, se contestualizzati in riferimento allo sviluppo dell‟Unione Europea nella sua dimensione di “Rechtsgemeineschaft”2, ossia di comunità di diritto nel cui spazio territoriale si manifestano, sempre più numerose, esperienze di criminalità organizzata transnazionale.

      Tale “comunità di diritto”, come la definisce Hallstein, nasce, infatti, proprio al fine di realizzare un‟unione sempre più stretta tra i popoli europei, tramite una sfera d‟azione paragonabile a quella degli Stati nazionali, estesa a vari settori della sfera sociale e culturale tra cui i rapporti internazionali, gli affari interni e la giustizia.

      Per quanto attiene l‟impostazione metodologica e di contenuto del lavoro, la ricerca prende le mosse dall‟analisi della nascita e dell‟evoluzione delle forme di cooperazione giudiziaria nell‟ambito della dimensione europea per spostarsi, poi, verso l‟esame puntuale alcuni strumenti di assistenza e cooperazione giudiziaria e di polizia.

      In particolare, ci si soffermerà sull‟analisi degli strumenti di prevenzione e contrasto della criminalità transnazionale fisiologicamente collocati nella fase di ricerca ed acquisizione probatoria o connessi ad attività di intelligence a fini preventivi.

      La scelta non è riconducibile, certamente, alla volontà di stilare una graduatoria di importanza degli istituti, quanto, invece, ad un particolare interesse in punto di indagini investigative e metodi di acquisizione delle prove.

      Il lavoro analizza le tappe e le istituzioni che hanno reso possibile lo sviluppo dell‟Unione quale effettivo spazio globale di giustizia3, grazie alla sensibilizzazione verso tali profili svolta dal Consiglio d‟Europa e, in particolare, dalla Commissione Europea per i problemi criminali (CDPC) deputata a svolgere compiti di approfondimento e ricerca nell‟ambito delle problematiche riguardanti la criminalità.

      L‟evoluzione dell‟Unione in questo senso procede dall‟attribuzione in capo ad essa delle funzioni in rapporto al controllo sui movimenti di persone, merci e capitali, consolidatasi con l‟Accordo di Schengen del 1985 concluso, appunto, al fine di instaurare raccordi tra le amministrazioni nazionali.

      Tale Accordo che, pur in misura meramente strumentale rispetto al tema di ricerca, sarà oggetto di approfondimento, introduce un sistema informatizzato, utile alla circolazione delle informazioni tra le forze di polizia e a sorvegliare, direttamente o congiuntamente alle autorità corrispondenti, persone sospette all‟interno del territorio di un altro Stato membro nonché, addirittura, arrestare il sospettato anche se presente all‟interno dell‟altro Stato.

      Il percorso evolutivo della cooperazione è necessitato dall‟incontenibile aumento delle forme di criminalità organizzata e, conseguentemente, fondato sulla volontà degli Stati di combattere insieme e in collaborazione, poiché coscienti che tale modalità di contrasto sia l‟unica forma capace di ottenere risultati concreti.

      Gran parte delle novità introdotte in tal senso riguardano la fase investigativa e di acquisizione probatoria.

      I riflessi dell‟introduzione di nuovi strumenti di cooperazione investigativa negli ordinamenti processuali dei singoli Stati membri e, in particolare, di quelli Italiano e Spagnolo, verranno analizzati soprattutto in relazione alla loro significativa incidenza sulle fasi più rilevanti del procedimento penale, quella delle indagini preliminari e quella del giudizio.

      Ciò in quanto, sin dagli albori dei metodi collaborativi, le problematiche emerse in materia di acquisizione probatoria transnazionale sono sempre state connesse alle potenziali divergenze tra la lex loci e la lex fori, ragione di ostacolo di una cooperazione effettiva.

      Per quanto riguarda le indagini preliminari, i nuovi strumenti della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale offrono un significativo apporto, nella misura in cui consentono una più rapida e puntuale circolazione delle informazioni e dei documenti, nonché una vera e propria collaborazione investigativa sul campo.

      Proprio sotto questo profilo, può dirsi che una significativa progressione degli strumenti di cooperazione giudiziaria si sia realizzata grazie al nascere della Rete Giudiziaria Europea, tesa ad offrire punti di contatto tra gli organi giudiziari, anche attraverso la nascita di organismi come l‟Europol (Ufficio europeo di polizia preposto al miglioramento dei servizi di polizia degli Stati membri ed alla loro cooperazione in diversi settori legati alla criminalità grazie alla gestione di un sistema elettronico di informazione) e l‟Eurojust (organismo sovranazionale4 indipendente da altre istituzioni comunitarie di livello político o amministrativo e competente in materia di forme gravi di criminalità per cui è competente l‟Europol o di forme gravi di criminalità anche individuale e di partecipazione ad organizzazioni criminali).

      In particolare, la Rete Giudiziaria assume una rilevanza pregnante ai fini della collaborazione, sia perché incide sulla precisa ricostruzione dell‟effettiva estensione geografica del fenomeno criminoso, sia perché offre ai vari organi giudiziari la possibilità di scambiarsi informazioni con riscontri particolarmente tempestivi.

      Parallelamente, l‟istituzione di Europol ed Eurojust assume un ruolo di rilievo nel contesto evolutivo della cooperazione giudiziaria in quanto, offrendo la possibilità di richiedere direttamente l‟intervento di autorità competenti che si trovano sul luogo, garantisce la tempestività necessaria ad una proficua attività di raccolta delle prove (in particolar modo quando si renda necessario seguire flussi di denaro o traffici di sostanze destinati a non lasciare traccia).

      La stessa dimensione organizzativa di questi organismi evidenzia come essi siano stati pensati e disegnati in ragione dell‟efficienza e dell‟economicità dell‟azione collaborativa. Si pensi, ad esempio, all‟importanza rivestita dalla previsione della presenza di un responsabile per ciascuno Stato membro e alle significative conseguenze per quanto concerne il profilo dell‟utilizzo dei risultati conseguiti tramite queste forme di collaborazione.

      Il rappresentante nazionale, infatti, essendo un esperto delle regole processuali ed investigative domestiche, conosce le attività e le forme che gli atti richiesti devono assumere per poter essere utilizzati all‟interno del processo penale in corso e si preoccupa di comunicare tempestivamente ai colleghi le suddette esigenze dello Stato richiedente. Logica conseguenza il risparmio in termini di tempo e risorse.

      Centrale importanza assume indubbiamente anche la Procura Europea. Tale nuovo organo di collaborazione giudiziaria dell‟Unione Europea, infatti, per quanto non ancora operativo, è stato configurato, nella sua recente istituzione, quale Ufficio deputato ad indagare e perseguire gli autori di reati con portata transnazionale che ledono gli interessi finanziari dell‟Unione (e ulteriori gravi reati, come si vedrà nel prosieguo del lavoro) dinanzi alle giurisdizioni nazionali degli Stati partecipanti, alla stregua delle loro regole processuali.

      Risultano, pertanto, evidenti, le potenzialità di tale Procura che, si ritiene, possa ricoprire in futuro un ruolo da protagonista nella lotta alla criminalità transnazionale, anche nelle sue forme più gravi, come il terrorismo, a fronte del possibile allargamento di competenza che sembrerebbe ipotizzarsi ai sensi di quanto previsto dall‟art. 85 TFUE.

      La fase del giudizio, invece, per quanto non destinataria di un approfondimento mirato all‟interno del lavoro, assume rilevanza poiché influenzata dalle forme di cooperazione in ragione delle questioni connesse all‟assunzione di vere e proprie prove, destinate ad entrare a far parte del fascicolo per e del dibattimento e, pertanto, a fondare la decisione del giudice in ordine alla responsabilità penale.

      Tra gli strumenti di acquisizione probatoria, nell‟impostazione metodologica di cui si è dato atto in precedenza, verranno privilegiati lo strumento di assistenza giudiziaria della rogatoria internazionale e quello di cooperazione, basato, quindi, sul principio del mutuo riconoscimento, dell‟ordine europeo di indagine.

      Per quanto concerne la rogatoria, è parso opportuno analizzare le problematiche derivanti dalla circostanza che la disciplina prevista per questo istituto - nonostante le recenti riforme introdotte in Italia in materia di rapporti con Autorità straniere ai fini di collaborazione giudiziaria e di polizia abbiano comportato importanti passi avanti in tal senso – consti ancora, in parte, di regolamentazione convenzionale, vigendo in termini solo residuali quella dettata dal codice di procedura penale.

      Anche in questo ambito, l‟aspirazione ad uno spazio di giustizia globale ha richiesto che gli strumenti di cooperazione venissero innovati.

      É parsa, ad esempio, rilevante la disciplina espressamente prevista nel testo della Convenzione di Bruxelles del 2000, riguardante lo strumento della videoconferenza internazionale, che ha permesso il collegamento diretto e reciproco tra l‟aula di udienza ed il luogo in cui si trova il soggetto di cui è impossibile la comparizione personale in dibattimento la quale, a seguito dell‟ultima riforma5, trova oggi specifica disciplina anche all‟interno del codice di procedura penale6.

      Altrettanto spazio si è voluto dare alla previsione di schemi, che divergono dalla rogatoria “classica” e, per questo motivo, vengono definiti quali strumenti rogatoriali atipici. In particolare si fa riferimento alla concelebrazione della rogatoria e all‟acquisizione diretta delle prove da parte dell‟autorità giudiziaria italiana. Tema, quest‟ultimo, che stimola non poche riflessioni in tema di investigazioni difensive all‟estero, strumento ormai frequentemente utilizzato all‟interno dell‟ordinamento italiano, alla luce della necessità di dare un equilibrio ai poteri delle parti del processo, ma che non ha mai trovato spazio nell‟ambito delle indagini transnazionali.

      Dal 5 agosto 2016 è in vigore, in Italia, la legge 21 luglio 2016, n. 149, che persegue l‟obiettivo di rafforzare e semplificare la cooperazione giudiziaria internazionale, al fine di rendere più efficace il contrasto in particolare alla criminalità organizzata. In forza della legge delega è stato, poi, adottato, il d.lgs. 5 aprile 2017, n. 52, finalizzato al raggiungimento di una progressiva omogeneizzazione dei sistemi penali nazionali in tema di acquisizione della prova, con cui l‟Italia ha, finalmente, dopo quasi diciassette anni, dato attuazione alla Convenzione appena menzionata7.

      A tal proposito occorre sottolineare che sorgono alcuni dubbi circa l‟opportunità del provvedimento adottato dal legislatore nazionale. Infatti, come si vedrà nel prosieguo del lavoro, la normativa a cui soltanto di recente è stata data attuazione è destinata ad essere quasi completamente sostituita dal recepimento interno della Direttiva 2014/41/UE concernente l‟ordine europeo di indagine penale, residuando, pertanto, per la disciplina in esame, uno spazio di operatività “geograficamente” circoscritto.

      Anche la legislazione spagnola merita, in questo senso, una puntuale riflessione in ragione dell‟emanazione della Ley 23/2014 sul reciproco riconoscimento delle decisioni penali nell‟Unione Europea - sottoposta, nel momento in cui si scrive, ad una fase di lavori di riforma per l‟attuazione della Direttiva 2014/41– la quale ha rappresentato l‟unificazione normativa nel diritto spagnolo, in un unico testo, di tutte le decisioni e direttive quadro riguardanti gli strumenti provvedimenti che erano in attesa di trovare puntuale trasposizione. Le perplessità circa tale legislazione nascono, invece, dal fatto che, nonostante la Ley 23/2014 sia stata promulgata successivamente alla emanazione della Direttiva OEI, non include al suo interno la sua trasposizione.

      Arrivando, quindi, all‟ordine europeo di indagine, questo strumento si caratterizza oggi come unico mezzo di acquisizione e circolazione delle prove in ambito europeo e consiste in una decisione giudiziaria emessa o convalidata da un‟autorità competente di uno Stato membro, affinché siano compiuti uno o più atti di indagine specifici in un altro Stato dell‟Unione, nonché al fine di ottenere prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione e poter acquisire i relativi risultati in un processo pendente nello Stato di emissione.

      Ancora una volta, l‟Unione ha dato prova di voler migliorare e rendere più efficienti le procedure di cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, alla luce dell‟attuale allarme causato dalla criminalità che incombe sul territorio europeo8. Obiettivo perseguito con l‟introduzione dell‟ordine europeo di indagine è, infatti, quello di sostituire – con le opportune precisazioni che si effettueranno nel capitolo III del presente lavoro - gli attuali strumenti di cooperazione ed assistenza giudiziaria in materia di ricerca e di acquisizione della prova, con un nuovo e più agile modello a carattere orizzontale, applicabile a qualsiasi atto di indagine penale.

      Nonostante l‟evidente centralità che l‟ordine europeo d‟indagine è destinato a ricoprire nell‟ambito della cooperazione giudiziaria, non lascia privi di perplessità legate, in particolare, al bilanciamento dei diritti e degli interessi fondamentali in gioco, nonché dell‟effettività della cooperazione alla luce delle ancora numerose divergenze tra gli ordinamenti processuali e sostanziali degli Stati membri dell‟Unione Europea.

      Nell‟ultima parte del lavoro, si è voluta privilegiare l‟analisi di una specifica manifestazione della criminalità transnazionale che, in questo momento, riveste assoluta centralità nelle politiche dell‟Unione Europea: il terrorismo.

      Certo è che il terrorismo non costituisce una realtà nuova all‟interno dello scenario internazionale ed europeo ma, come ogni fenomeno storico e antropologico, nel tempo si adatta, si evolve e muta.

      Proprio per questo motivo, data la varietà delle forme di terrorismo registrate nella storia, e delle motivazioni che hanno portato alla commissione degli atti terroristici, nonostante il fenomeno sia conosciuto sin dai tempi più antichi, oggi il crimine “del terrore” assume connotati nuovi, che richiedono di essere contrastati con strumenti altrettanto attuali. Di pari passo con l‟evoluzione del fenomeno terroristico e delle sue manifestazioni, pertanto, si è assistito, nei decenni, a un cambiamento anche delle strategie antiterroristiche.

      Tra gli strumenti programmatici che assumono un‟evidente rilevanza nel contesto evolutivo della politica dell‟Unione, occorre ricordare, in primis, il “Piano d‟azione” contro il terrorismo varato dai capi di Stato e di Governo durante il Consiglio europeo straordinario del 20 settembre 2001 riunitosi all‟indomani degli attentati di New York e Washington, in cui vennero previste una serie di misure in materia di relazioni esterne dell‟Unione e di sicurezza dei trasporti, nonché concernenti la lotta alle fonti del finanziamento del terrorismo e, soprattutto, l‟armonizzazione legislativa finalizzata alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia. L‟anno successivo, le Decisioni quadro n. 475 del 2002 e n. 584 del 2002 concernenti, rispettivamente, la lotta contro il terrorismo e il mandato d‟arresto europeo, costituirono le prime concrete risposte offerte dall‟Unione Europea (allora Comunità Europea) nell‟ambito della politica antiterrorista.

      Sempre nel quadro del rafforzamento della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale nella prevenzione e nella lotta contro gli atti terroristici, risulta imprescindibile collocare anche la Decisione 2003/48/GAI relativa all‟applicazione di misure specifiche di cooperazione di polizia e giudiziaria la cui rilevanza risiede, in particolare, nell‟importanza conferita agli scambi informativi con finalità preventiva, investigativa e probatoria, sulla base della quale venne emanata la Decisione 2005/671/GAI, specificamente rivolta al fenomeno terroristico, che introdusse un coordinamento investigativo tramite un flusso informativo sui reati di terrorismo sia tra Paesi membri sia tra questi ed Eurojust o Europol, il quale godeva di precedenza assoluta sulle altre richieste.

      La materia degli scambi informativi è, in assoluto una delle maggiormente colpite dalle riforme susseguitesi negli anni, in virtù della centrale importanza che tale strumento ha ricoperto, sin dai tempi più lontani, nella lotta al terrorismo (oltre che, in generale, alla criminalità transnazionale).

      Sempre in tema di scambio di informazioni, merita menzione la Decisione quadro 2006/960/GAI “relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri dell‟Unione Europea incaricate dell‟applicazione della legge”, il Trattato di Prüm che istituisce, per la prima volta, lo scambio di dati biometrici. Ancora, la Decisione quadro 2009/315/GAI, la quale si prefigge di definire le modalità attraverso le quali uno Stato membro in cui sia stata pronunciata una sentenza di condanna nei confronti di un cittadino di altro Stato dell‟Unione trasmette le informazioni su tale condanna allo Stato di cittadinanza della persona condannata. Nonché, da ultimo, le Direttive n. 680 e n. 681 nel 2016, riguardanti la raccolta e la circolazione dei PNR (Passenger Name Records) e la riservatezza dei dati relativi a procedimenti penali.

      Infine, tra gli altri strumenti e provvedimenti di matrice europea che verranno analizzati all‟interno del lavoro, assume certamente rilevanza la recente Direttiva n. 541 del 2017, che mira a colmare le lacune presenti nella Decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo alla luce di quanto emerso nella Risoluzione 2178 (2014) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e del Protocollo addizionale alla decisione quadro 2006/960/GAI Convenzione del Consiglio d‟Europa per la prevenzione del terrorismo, siglato a Riga il 22 maggio 2015, attraverso l‟introduzione di quattro nuovi obblighi di incriminazione e prescrizioni procedurali in merito.

      Gli strumenti citati, come anche tutti gli altri studiati criticamente nell‟ambito della ricerca, contribuiscono all‟evoluzione della politica collaborativa dell‟Unione Europea, che sta percorrendo, sempre più velocemente, la strada per arrivare ad un reale spazio comune di giustizia in cui gli Stati, a fronte della più rilevante esigenza di combattere la lotta contro la criminalità, rinunciano, a piccoli passi, ad una porzione della loro sovranità, per dare spazio ad una solidarietà che si esprime con la creazione di un unico modello di giustizia e di un più vasto “territorio” in cui questa giustizia viene perseguita insieme.


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