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Resumen de Le correzioni alla Vita nuova di un derivato della Raccolta Aragonese e il Toledano del Boccaccio nel primo Cinquecento

Laura Banella

  • italiano

    Il saggio dimostra che le correzioni e le integrazioni alla Vita nuova del ms. Ithaca (NY), Cornell University Library, D 51/Archives 4629 Bd. Ms. 2 sono state eseguite utilizzando il codice Toledano autografo di Giovanni Boccaccio. Il ms. Itacense, datato 1513 e localizzato a Roma dal suo copista, Jacopo Antonio Benalio, ha alcune note e una nota di possesso coeve o di poco più recenti che ci informano che il codice passò nelle mani del milanese Giovan Battista Schiafenato, e menzionano Girolamo Fracastoro e Nicolò Gualteruzzi da Piagnano, padre di Carlo Gualteruzzi da Fano, editore del Novellino. Se nessuno di questi può essere riconosciuto come autore della revisione fatta a partire dal codice del Boccaccio, l’analisi degli interventi ritrae qualcuno che, probabilmente nel Nord Italia, nella prima metà del XVI secolo ebbe tra le sue mani il Toledano e lo riconobbe come fonte autorevole del toscano del Trecento, se non proprio quale autografo del Certaldese, tanto da volerne registrare minutamente le peculiarità linguistiche e ortografiche; qualcuno che stabilisce una relazione intellettuale ideale, o forse anche concreta, col Pietro Bembo studioso di codici antichi

  • English

    The essay demonstrates that the corrections and additions to the Vita nuova in ms. Ithaca (NY), Cornell University Library, D 51/Archives 4629 Bd. Ms. 2 have been executed using the Toledo manuscript, autograph of Giovanni Boccaccio. In the Ithaca manuscript, dated 1513 and located in Rome by its copyist, Jacopo Antonio Benalio, some annotations and an ownership note inform us that the codex was subsequently owned by the Milanese Giovan Battista Schiafenato, while mentioning Girolamo Fracastoro and Nicolò Gualteruzzi from Piagnano, father of Carlo Gualteruzzi from Fano, editor of the Novellino. None of them is the author of the corrections and additions made using Boccaccio’s manuscript. Yet the analysis of these interventions portrays someone who, probably in Northern Italy in the first half of the sixteenth century, had the possibility to see the Toledo codex and recognised it as an authoritative source of fourteenth-century Tuscan language (and maybe also as an autograph codex by Boccaccio), thus deciding to painstakingly register its linguistic and orthographic characteristics. Someone who establishes an ideal, or even concrete, intellectual relationship with Pietro Bembo as scholar devoted to antique codices.


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