In recent years self-translation has attracted growing scholarly attention within both translation and cultural studies, both because its peculiarities oblige us to rethink the traditional dichotomies of translation proper and because, in cultural terms, it is a condition shared by an ever-growing number of migrant, translingual individuals. By combining elements from both theoretical frameworks, this essay analyzes the works of three Italian-Canadian female writers/self-translators for whom self-translation is both a tool for expressing a translingual imagination and renegotiating a transcultural identity, as well as a subversive transcreative practice through which to convey their gender politics.
L’autotraduzione come transcreazione transculturale e translingueIn ambito sia traduttologico sia culturale una messe di studi ha analizzato il fenomeno dell’autotraduzione, evidenziando come le sue peculiarità ci portino a riconsiderare le tradizionali categorie della traduzione e come dal punto di vista culturale sia una pratica condivisa da un numero sempre crescente di individui migranti e translingui. Prendendo spunti teorici da entrambi questi ambiti, il presente lavoro esamina le opere di tre scrittrici/autotraduttrici italo-canadesi per le quali l’autotraduzione è al contempo un mezzo per esprimere un’immaginazione translingue e rinegoziare un’identità transculturale, ma anche una pratica transcreativa sovversiva attraversa cui articolare la loro politica di genere.
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