Con la perdita di vigore dei postulati positivisti e il complicarsi del sistema delle fonti, si ha da tempo l’impressione che il momento processuale si sia in qualche modo “emancipato” dal ruolo ancillare astrattamente attribuitogli, e che il giudice, ormai non più strettamente “soggetto” alla legge, abbia guadagnato una posizione di dominanza nell’attività di significazione delle scelte politico-criminali. Ciò ha prodotto evidenti tensioni all’interno dell’edificio penalistico, che hanno indotto gli studiosi a parlare di una vera e propria «crisi della legalità». Con questo scritto, pertanto, si formulerà una proposta per ricondurre a miglior sintesi i due momenti fondamentali della previsione astratta e dell’implementazione in concreto della fattispecie criminosa. A ben vedere, infatti, una volta tramontata la plausibilità descrittiva, oltreché la desiderabilità prescrittiva, di un giudice “bocca della legge”, è necessario elaborare nuove strategie volte a salvaguardare in modo funzionale ed effettivo la democraticità delle scelte politico-criminali e le altre garanzie di cui si pone a presidio l’art. 25 Cost. A questo proposito, un contributo significativo potrebbe essere offerto da una più attenta considerazione del volto “processuale” dell’ermeneutica penale: invero, interpretazioni del reato strutturate ab origine in funzione dei principi, delle regole e delle concrete dinamiche della loro applicazione processuale, possono offrire migliori prestazioni in termini di razionalizzazione e orientamento delle decisioni giurisprudenziali, offrendo altresì alla dottrina l’occasione di un ruolo più attivo nella gestione della c.d. «crisi della legalità».
With the loss of vigor of positivist postulates and the complication of the system of legal sources, the impression is that today it is precisely the judicial phase that has acquired an unprecedented position of dominance in the activity of signifying criminal policy choices. With this paper, therefore, a proposal will be formulated to try to reduce the tensions and, therefore, achieve a better interconnection, of the two fundamental moments of “crime introduction” and “crime enforcement”. On closer inspection, in fact, once the descriptive plausibility, as well as the prescriptive desirability, of a judge “mouth of the law” has waned, the need arises to identify new ways to safeguard the democratic nature of criminal policy choices as well as individual autonomy functionally and effectively. In this regard, a significant contribution could come from a more careful consideration of the “procedural side” of substantive criminal law hermeneutics. As will be argued, in fact, the formulation of interpretations of the crime structured in such a way as to be compatible also with the principles, rules and modalities that will characterize its procedural application, ensures a better capacity for rationalization and orientation of jurisprudential decisions, also carving out a more active role of the doctrine in the management of the so-called «crisis of the law».
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