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Attraverso musei di celluloide: rovesciare lo sguardo

    1. [1] Musei Reali di Torino
  • Localización: Acme : annali della Facoltà di lettere e filosofia dell'Università degli studi di Milano, ISSN 0001-494X, Vol. 73, Nº. 2, 2020, págs. 281-305
  • Idioma: italiano
  • Texto completo no disponible (Saber más ...)
  • Resumen
    • English

      In the age of immersive and digital cinematic experience, does it still make sense to talk about two black & white 70-years-old short films, that were conceived to reach - and, perhaps, to educate - the widest audience possible? Carpaccio and Caravaggio, by Umberto Barbaro and Roberto Longhi, were produced between 1947 and 1948, in the midst of the Italian Reconstruction. They are two exemplary pieces of a potential chapter of post-war Italian cinema - which would later take different paths, with oth-er political and theoretical lines taking hold - and not simply the fruits of the whim of a great art historian and superb writer supported by a cultured and resourceful friend working in cinema industry. The two films are discussed in the context of the “cine-ma corto” of the 40s and 50s. Furthermore, the relationship between the artwork and its audience will be taken into account by comparing these short movies with a later Soviet film, Vzgljanitje na litso (1966), by Pavel Kogan, which in turn deals with the reactions of museum visitors in front of the leonardesque Madonna Litta, moving the gaze of the camera towards the viewers, opening to a reverse angle of the work of art which is perhaps similar to the one imagined by Barbaro and Longhi.

    • italiano

      Nell’età dell’esperienza cinematografica immersiva e digitale ha ancora senso parlare di due brevi film di 70 anni fa, in bianco e nero, che furono concepiti con l’idea di raggiungere il più vasto pubblico possibile e magari, parola che oggi suona fortissima, educarlo? Carpaccio e Caravaggio, di Umberto Barbaro e Roberto Longhi, concepiti tra il 1947 e il 1948, nel pieno della Ricostruzione, sono due pezzi esemplari di un capitolo potenziale del cinema italiano del dopoguerra, che ha poi imboccato altre strade, ha visto affermarsi altre linee politiche e teoriche, e non semplicemente i frutti del capriccio di un grande storico dell’arte e prosatore inarrivabile, aiutato da un amico colto e pieno di risorse che lavora nel mondo del cinema. I due film sono ridiscussi nel contesto del “cinema breve” degli anni ’40 e ’50, considerando anche il rapporto con lo spettatore, e, per questo, confrontati con un esempio sovietico più tardo, Vzgljanitje na litso (1966), di Pavel Kogan, che tematizza la relazione tra il pubblico e la leonardesca Madonna Litta, rovesciando lo sguardo della macchina da presa verso i fruitori dell’opera d’arte, aprendo a un controcampo della pittura che è forse simile a quello immaginato da Barbaro e Longhi.


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