L’articolo costituisce una riflessione sulla segretezza del voto nel mondo greco, espressa attraverso la procedura della psephophoria che prevedeva l’utilizzo di pietruzze come strumenti di voto. Si propone un’analisi di alcune testimonianze letterarie, epigrafiche e iconografiche che, in qualche modo, registrano la presenza del voto segreto o fanno a esso riferimento. L’analisi rivela che la segretezza non era una caratteristica connaturata alla procedura, e conferma ancora una volta l’idea già espressa e comunemente accolta, secondo cui l’esigenza di occultare il proprio voto era sentita come una necessità solo in contesti di natura giudiziaria e in quelle circostanze in cui erano coinvolti i diritti di un privato cittadino.
The subject of this contribution is a thought about the secrecy of the voting in the Greek world, expressed through the psephophoria procedure which provided for the use of psephoi as voting tools. Here is proposed an analysis of some literary, epigraphic and iconographic sources considered particularly significant which, in some way, record the presence of a secret vote or refer to it. This analysis shows that the secrecy wasn’t an inherent feature of the psephophoria procedure, and it confirms once again the suggestion, commonly accepted, that the need to hide one’s vote was felt as a necessity only in judicial contexts or in cases where the rights of a private citizen were involved.
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