Ornela Vorpsi’s prose work almost always refers to the personal experience of the writer, i.e. to her life in Albania and in other countries. Having attended university studies in her native country, in Italy and in France, Vorpsi observes her country of origin and its culture simultaneously from inside and from outside, as a scholar and a writer, as well as a traveller and a foreigner. In the article we analyze how the identity of Vorpsi’s characters, primarily the female ones, in the two novels in particular, Il paese dove non si muore mai and La mano che non mordi, is constructed (or deconstructed) from the point of view of the unconventional knowledge and knowledge that is experienced in daily life, acquired in various areas of Albania and other visited countries, but above all outside the universities and, even more important, in the perspective of communist education which was not disseminated only through educational institutions, but also within families, from parents to children. The article aims, therefore, to examine the education of women in Albania, through the prism of the power of the omnipresent Madre-Partito, focusing in particular on those women who rejected the communist education. Of particular interest seems to be the education and the formation of an identity outside the institutes and centers of education and in other places which made it possible, for these female characters, to move away from that model of a woman-worker that the Party imposed. The result is, however, a suffered and disoriented identity, as well as the decomposed one.
La narrativa di Ornela Vorpsi rimanda quasi sempre all’esperienza personale della scrittrice, cioè alla sua vita in Albania e in altri paesi. Avendo frequentato gli studi universitari nel paese natio, ma anche in Italia e in Francia, Vorpsi osserva il suo paese d’origine e la sua cultura contemporaneamente da dentroe da fuori, da studiosa e da scrittrice, come anche da viaggiatrice e straniera. Nell’intervento si analizza in che modo l’identità dei suoi personaggi, in primo luogo quei femminili, in due romanzi in particolare, Il paese dove non si muore mai e La mano che non mordi, viene costruita (o decostruita) dal punto di vista della conoscienza e del sapere non convenzionale, quello vissuto nella vita quotidiana, acquisito in vari ambienti dell’Albania e di altri paesi visitati, ma soprattutto fuori delle università e, ancor più importante, nell’ottica dell’educazione comunista che non veniva divulgata soltanto attraverso gli istituti di educazione, ma anche all’interno delle famiglie, dai genitori ai figli. L’articolo ha come obiettivo, quindi, esaminare l’educazione delle donne in Albania, attraverso il prisma del potere dell’ onnipresente Madre-Partito, soffermandosi in particolare sull’analisi di quelle donne che rifiutavano l’educazione comunista. Di particolare interesse sembra l’educazione e la formazione dell’identità fuori degli istituti e centri di educazione e in altre sedi, i quali rendevano possibile, a queste protagoniste, di allontanarsi da quel modello di donna-lavoratrice che il Partito imponeva. Ne risulta tuttavia un’identità sofferta e spaesata, nonché decomposta.
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