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Alcuni spunti di riflessione sulla 'ardalionum natio' (Phaedr. 2, 5)

  • Autores: Guiseppe Flammini
  • Localización: Giornale italiano di filologia, ISSN 0017-0461, Nº. 72, 2020, págs. 179-206
  • Idioma: italiano
  • Texto completo no disponible (Saber más ...)
  • Resumen
    • English

      This article purposes to retrace the historical formation and transformation of the term ardalio, a lexical Grecism, etymologically related to ἄρδαλος e ἄρδα, which in Latin has come to signify a busybody (OED: “An officious, interfering, meddling, or prying person; one who involves himself or herself in other people’s affairs without invitation”) or fusser, in order to obtain personal recognition and social advancement. Once passed into Latin, this word of popular origin, as the pejorative suffix -ίων suggests (scil.: *ἀρδαλίων), was probably accepted and employed in the language of the dramatic subgenres. It appears for the first time in a famous anecdote of Phaedrus, where it is used in the expression ardalionum natio (2, 5, 1). It was then adopted and re-employed by Martial in two epigrams (2, 7, 8; 4, 78, 10), where he censured the deportment of two wishy-washy busybodies. The peculiar nature and character of these busy fussers attracted the attention of a moralist like Seneca the Philosopher, who gathered all those who wasted their time in futile occupations under the label of occupati (cf. e.g. brev. vit. 3, 2 and tranq. an. 12). In my review of the various literary sources, Manilius holds a particular position, as an author who, without passing any moral judgment, did not forget to include and classify the busybodies among those human types whose behavior was influenced by astral conjunctions.

    • italiano

      Nel presente articolo sono stati ripercorsi i momenti che hanno caratterizzato la storia del termine ardalio, che, connesso sul piano etimologico con ἄρδαλος e ἄρδα, si è specializzato in latino nell’accezione di ‘persona dedita ad infastidire gli altri’, generalmente personaggi altolocati, con occupazioni inutili e non richieste, al solo fine di ottenere riconoscimenti ed avanzamenti del proprio status sociale. La parola, di chiara eziologia popolare, come lascia supporre il suffisso peggiorativo -ίων (scil.: *ἀρδαλίων), una volta passata in latino, fu recepita con ogni probabilità dalla lingua dei sottogeneri teatrali. Essa risulta documentata per la prima volta da Fedro nella locuzione ardalionum natio (2, 5, 1), sarà successivamente recuperata da Marziale in due epigrammi (2, 7, 8; 4, 78, 10), nei quali è rispettivamente censurato il comportamento di due faccendoni inconcludenti. Le peculiarità caratteriali di siffatte persone, di cui pullulavano le vie di Roma nella prima età imperiale, attirarono le attenzioni di Seneca il Filosofo, che rubricò sotto la generica espressione di occupati quanti scialacquassero il proprio tempo in futili attività (punti di contatto con gli ardaliones vituperati da Fedro sono ad es. reperibili in tranq. an. 12 e in brev. vit. 3, 2). Tra le fonti letterarie è stato infine considerato Manilio, che, senza pronunciare alcun giudizio di tenore etico, ha assegnato alle persone così predisposte una ben definita collocazione nel folto campionario delle varie tipologie umane soggette agli influssi delle congiunzioni astrali (5, 57-66)


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