Despite repeated international requests and contrary to common law systems, European States have always shown a certain reluctance to envisage forms of protection for whistleblowers, for various reasons, including cultural ones. In the Italian legal system, the figure of the whistleblower has been introduced some time ago: after its launch in the public sector aimed at tackling the pervasive corruption (Law 190 of 2012), it has only recently been extended to the private sector (Law 179 of 2017). Furthermore, even within the European institutions, there has been disagreement with regard to this subject, which has led to the adoption of a directive (Dir. 2019/1937/EU) which, over and above the stated goal of harmonising national legislation, is flawed because it is too general and leaves the Member States wide discretion.
After reviewing the legislative evolution of the instrument on the domestic front, this contribution aims, firstly, at underlining the main criminal profiles of the regulation of whistleblowing, with particular reference to the relationship between the latter and the criminal liability of entities, in the light of the 2019 Directive; secondly, at comparing the discipline itself with other preventive strategies to fight against crime, with the aim of assessing the feasibility of such "different" instruments of criminal policy also with respect to corruption
A dispetto delle ripetute sollecitazioni internazionali e contrariamente a quanto avvenuto nei sistemi di common law, gli Stati europei hanno sempre manifestato una certa ritrosia a prevedere forme di tutela del whistleblower, in virtù di varie ragioni, anche di natura culturale. Nell’ordinamento italiano, per vero, la figura del “soffiatore di fischietto” è approdata già da qualche tempo: dopo l’esordio nel settore pubblico finalizzato a fronteggiare il dilagante fenomeno corruttivo (L. 190 del 2012), essa è stata estesa al settore privato solo recentemente (L. 179 del 2017). Del resto, anche in seno alle istituzioni ‘eurounitarie’ sul tema non sono mancati contrasti, i quali si sono tradotti nell’adozione di una direttiva (Dir.
2019/1937/UE) che, al di là dell’obiettivo dichiarato di uniformare le legislazioni nazionali, pecca per eccessiva genericità, sì da lasciare in capo agli Stati membri ampi margini di manovra.
Dopo aver ripercorso l’evoluzione normativa dello strumento sul fronte domestico, il presente contributo mira, in primo luogo, ad indagare i principali profili penalistici della disciplina del whistleblowing, con particolare riferimento ai rapporti tra quest’ultima e quella della responsabilità da reato degli enti, alla luce della direttiva del 2019; in secondo luogo, a confrontare la disciplina medesima con altre strategie preventive di contrasto alla criminalità, con l’obiettivo di vagliare la praticabilità di tali strumenti “differenziati” di politica criminale anche rispetto al fenomeno corruttivo
© 2001-2024 Fundación Dialnet · Todos los derechos reservados