La risposta del legislatore all’emergenza del fenomeno mafioso, costantemente proteso ad “agguantare” porzioni sempre più consistenti di contiguità allo stesso, non si è indirizzata negli anni verso la creazione di un generale delitto di “agevolazione” in grado di “contenere” tutti i contributi provenienti al sodalizio da soggetti ad esso estranei, ma ha prodotto la proliferazione di fattispecie, tutte destinate a punire le forme più svariate di “vicinanza” all’ente criminale o ad aggravarne la pena. In questa prospettiva, si inserisce il nuovo art. 391-bis c.p., che punisce l’«agevolazione ai detenuti e internati sottoposti a particolari restrizioni delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario», quale l’ultimo tassello, almeno in ordine cronologico, del percorso legislativo che ha condotto alla progressiva tipizzazione delle diverse “dimensioni” della collusione con le organizzazioni mafiose.
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