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Rileggere la nuova teologia politica a partire da Metz e Peters

  • Autores: Alessandro Dario Cortesi
  • Localización: Rivista internazionale di filosofia del diritto, ISSN 1593-7135, Vol. 95, Nº 2-3, 2018, págs. 401-451
  • Idioma: italiano
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  • Resumen
    • English

      Within the present essay, the author wishes to depict some of the most important topics, among those which have been developed by the so-called “New Political Theology”, as proposed by Johann Baptist Metz and furtherly expanded by his pupil and friend Tiemo Rainer Peters. Metz and Peters are two Dominican theologists who look at faith in the time of today, when theology has a tough political responsibility, a public mission of its own within history. The “New Political Theology” proposes to look at God by looking at humanity and especially at those who suffer or suffered and died. Christology itself should be conceived as an action in the social field. Metz’s reflection begins from the memory of the victims and set the primacy of practice. Peters, following the teachings of Dietrich Bonhoeffer, enhances Metz’s intuitions, especially those about the need for a christology “after Auschwitz”.

    • italiano

      All’interno del presente saggio, l’autore intende illustrare alcuni fra i principali temi sviluppati dalla c.d. “nuova teologia politica”, come proposta da Johann Baptist Metz ed ulteriormente portata avanti dal suo allievo ed amico Tiemo Rainer Peters. Metz e Peters sono due teologi domenicani che guardano alla fede nel tempo della contemporaneità, laddove la teologia ha una pesante responsabilità politica, una sua propria missione pubblica all’interno della storia. La “nuova teologia politica” propone di guardare a Dio attraverso uno sguardo diretto all’umanità e soprattutto a coloro che soffrono. La stessa cristologia andrebbe concepita come azione in campo sociale. La riflessione di Metz inizia a partire dalla memoria delle vittime e pone il primate della prassi. Peters, sulla scia degli insegnamenti di Dietrich Bonhoeffer, approfondisce le intuizioni di Metz, in particolare quelle circa la necessità di una cristologia “dopo Auschwitz”.


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