È noto che, con riferimento all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, nulla specificamente prevede il D.Lgs. n. 270/1999 circa l’impugnabilità della sentenza di revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza. Questa lacuna normativa ha fatto sorgere alcune incertezze interpretative, soprattutto dopo le riforme della legge fallimentare del 2006-2007, delle quali si occupa la pronuncia qui segnalata. Nel caso esaminato della Cassazione la Corte d’Appello di Milano aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza, con la quale il Tribunale di Milano, in accoglimento dell’opposizione proposta avverso la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza di una società in amministrazione straordinaria, aveva disposto la revoca di tale sentenza, nonché del decreto di cui all’art. 173 L. Fall., disponendo la prosecuzione del concordato preventivo. Secondo la Corte d’Appello, infatti, doveva negarsi l’ammissibilità dell’appello proposto, in quanto era da ritenersi esaurita con l’opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, svoltasi davanti al Tribunale, la possibilità di impugnazione della decisione. Sostenere, invece, che all’esito dell’opposizione fosse ancora proponibile l’appello significherebbe – sempre secondo i giudici d’appello – ammettere un terzo grado di giudizio di merito sulla medesima questione; ciò che non sarebbe in armonia con il mutato assetto delle procedure concorsuali a seguito delle sopravvenute riforme del 2006-2007. La conclusione dei giudici milanesi non è condivisa dalla Cassazione, la quale, nella richiamata pronuncia, arriva alla conclusione esattamente opposta (peraltro, già affermata in precedenza da Cass. 23 febbraio 2018, n. 4432), e cioè che la sentenza di revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza, pronunciata all’esito dell’opposizione davanti al Tribunale, sia ancora suscettibile di appello davanti alla Corte d’Appello
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