Dal cinema alla pubblicità al cinema: lo svedese Roy Andersson ha tracciato, dal 1969 a oggi, un percorso personale, coerente per stile e direzione di sguardo. Al centro della sua attenzione, l'umano in tutta la sua vulnerabile creaturalità, ma anche la convinzione di una colpa storica che l'Occidente tutto si porta addosso dopo la pianificazione del massacro sperimentata dal nazismo. Forse non c'è più spazio per il perdono, ma "fare un film è già di per sé un segno di speranza"
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