L’A. nell’interrogarsi sullo stato dei “nuovi lavori” in Italia e sulle relative conseguenze sulla rappresentanza del lavoro muove dal confronto fra origini ed esiti delle due maggiori novità introdotte dai precedenti governi, lavoro interinale e collaborazioni coordinate e continuative. Dopo aver rilevato alcune difficoltà a livello statistico nel reperimento di dati attendibili segnala come il mercato del lavoro italiano non mostri rispetto alle medie dell’Unione Europea una forte destrutturazione ma che il diffuso senso di precarietà sia piuttosto riconducibile proprio a quei rapporti ambigui che si collocano fra autonomia e subordinazione. L’A. dopo aver passato in rassegna cronologicamente le strategie politiche adottate del centro-sinistra e dal centro-destra, si concentra sulla strategia seguita dai sindacati e rileva come questi non abbiano seguito la strada della tutela diretta attraverso le proprie strutture ma quella della creazione di strutture sussidiarie volte a gestire la rappresentanza dei “nuovi lavori” con la distinzione fra lavoratori autonomi e subordinati. A fronte di tale percorso ricostruttivo, con riferimento alle prospettive di scenario dei “nuovi lavori” alla luce della riforma del mercato, l’A. rileva come le opportunità di rappresentanza offerte dal d.lgs. n. 276/2003, bilateralità e derogazione individuale, comportano che il focus della rappresentanza vada probabilmente spostato dai “nuovi lavori” al lavoro nuovo e ai nuovi lavoratori, mediante un’organizzazione sindacale che sappia e possa rispecchiare l’identità e tutelarla anche oltre l’orizzonte della contrattazione. L’A. rileva, infatti, come i “nuovi lavori” (ma oggi anche molto del lavoro standard), debbano essere tutelati innanzitutto a monte e da questa prospettiva sostiene l’assenza di una cornice di tutele adeguata nella riforma del mercato del lavoro italiano.
This paper examines the state of “new forms of work” in Italy and the consequences for labour representation, taking as a starting point the origins and developments of two major innovations introduced by previous governments: temporary agency work and quasi-subordinate employment. After considering the difficulties arising from the collection of reliable statistical data, the paper shows that compared to other EU economies the Italian labour market is not characterised by deregulation, but that the sense of insecurity is linked to the ambiguous relations on the borderline between self-employment and salaried employment. After a chronological account of the political strategies adopted by the centre-left and then the centre-right, the paper concentrates on the strategies of the trade unions, pointing out that they have not adopted a policy of protecting their members through their own organisational resources but rather of creating subsidiary structures aimed at representing “new forms of work”, with a distinction between the self-employed and salaried employees. In this connection, with reference to the prospects for “new forms of work” in the reform of the labour market, the paper shows how the forms of representation provided in Legislative Decree 276/2003, bilateral bodies and individual exemptions, are likely to shift the focus of representation from “new forms of work” to new employment and new workers, by means of a form of trade unionism that is capable of reflecting their identity and protecting their interests also by means other than collective bargaining. The paper concludes by noting that “new forms of work” (but now also many atypical forms of employment) must be protected at a deeper level, and examines in this perspective the absence of an adequate framework of protection in the reform of the Italian labour market.
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