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Resumen de Passioni e follia. Una mise en scène: "Fabula docet"

Graziano Martignoni, Ornella Manzocchi, Rosiney Amorim-Keller

  • L’esperienza didattico-formativa che qui presentiamo, si iscrive nel Modulo “Sofferenze Psichiche” del secondo semestre del Bachelor in Lavoro Sociale presso la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana.

    Il vertice epistemico a partire dal quale noi trattiamo la sofferenza psichica, fa riferimento al paradigma narrativo. Un paradigma declinato in momenti formativi a volte più tradizionali (la lezione e i seminari) altri più esperienziali attorno a ciò che significa incontrare il discorso dell’Altro, attraverso la lettura di testi letterari, centrati sul rapporto tra la malattia, l’anima sofferente e la cura, e il confronto con frammenti della tragedia greca. Un confronto testuale che ha dato vita a una mise en scène, avvenuta alla fine del Modulo presso il Teatro Sociale di Arogno e che ha visto la partecipazione appassionata di tutti i 70 studenti iscritti.

    Questa proposta formativa trae la sua originalità dal fatto di far vivere in prima persona agli studenti un rapporto con le parole, i gesti e i vissuti che appartengono all’esperienza della follia.

    La mise en scène non vuole essere un laboratorio teatrale in senso stretto, né un setting di giochi di ruolo, ma una pratica e una condivisione narrativa che vede attorno a un testo antico, sorgere una comprensione più intima delle dimensioni della alienità-follia, che rimane, al di là della distanza temporale che ci separa dalla tragedia greca, di grande attualità.

    Con il termine “Sofferenze psichiche” si pone infatti, al centro della riflessione didattico-formativa la dimensione del vissuto, l’Erlebnis, sia di chi vive in prima persona le contraddizioni e le lacerazioni della propria alienità e ne è drammaticamente abitato, sia di chi vi si avvicina, come operatore sociale e psico-sociale, nel quotidiano gesto di aiuto e di cura.

    Leggere e mettere in scena la tragedia ci permette di comprendere una dimensione della follia che non può essere appresa soltanto attraverso lo studio di teorie e di testi scientifici. La follia, che sta al cuore non solo della malattia, ma soprattutto dell’esistenza umana, ci offre una chiave di lettura dell’umano che abita ogni uomo. Il dramma dell’umano esistere richiedeva allora come oggi un “luogo” e una “parola” entro i quali essere avvicinato e vissuto in una “giusta distanza”. Questa è stata ed é la funzione catartica individuale e collettiva della tragedia antica, che ancora ai giorni nostri ci cattura e seduce.

    La nostra proposta formativa iniziata già nell’anno accademico 2010/2011, e che il nostro gruppo di lavoro intende continuare, rivela l’importanza delle Mùsiké (arti dinamiche) nella formazione professionale del futuro operatore sociale.


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