Il saggio analizza due dei migliori modelli regionali di organizzazione dei servizi per l’impiego, quello lombardo e quello toscano, in vista dell’attuazione della riforma nell’ambito del Jobs Act (D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150). Dato l’esito abrogativo del referendum 2016 sulla riforma costituzionale Boschi-Renzi, continueranno a esservi diversi sistemi regionali. La Dote Unica Lavoro (DUL) lombarda prevede l’introduzione di un quasi-mercato, con voucher assegnati da centri pubblici e privati in base a profilazione con criteri oggettivi in diverse fasce di bisogno per limitare il cherry picking e il creaming, e una componente premiale che scatta, seguendo l’approccio black box anglosassone, solo dopo assunzione di almeno sei mesi per limitare il gaming. La DUL è servita da modello per la riforma nazionale, con alcune piccole differenze, come un ruolo di monitoraggio, controllo e valutazione del pubblico per evitare i conflitti d’interesse nella profilazione dell’utenza. Mentre recepisce la riforma, la Toscana assegna un ruolo maggiore alla previsione della domanda di formazione e lavoro, delegata agli operatori nella DUL, e alla formazione oltre che al solo collocamento.
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