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Il "De gestis Italicorum post Henricum septimum Cesarem" di Albertino Mussato e il codice Vat. Lat. 2962

  • Autores: Rino Modonutti
  • Localización: Filologia mediolatina: rivista della Fondazione Ezio Franceschini, ISSN 1124-0008, Nº. 21, 2014, págs. 325-372
  • Idioma: italiano
  • Texto completo no disponible (Saber más ...)
  • Resumen
    • L'articolo esamina la trasmissione manoscritta del corpus storiografico di Mussato e in particolare del De gestis Italicorum, i testimoni del quale presentano sensibili differenze. Una prima fase della ricerca analizza datazioni, occasioni e circostanze dei due proemii di dedica a Pagano della Torre (I e V libro) e della riflessione sul senso della storia all'inizio dell'VIII libro, argomentando l'ipotesi che le tre dichiarazioni programmatiche possano corrispondere a cesure nel processo di trasmissione; in effetti dati di tradizione (il ms. L = Padova, Bibl. Civica, B.P. 935 contiene la redazione antica del De gestis Henrici septimi Cesaris e i libri I-IV del De gestis Italicorum, i mss. B = Milano, Ambrosiana, A 261 inf., D = Padova, Bibl. del Seminario, 1 A e E = Modena, Bibl. Estense, lat. 433 i libri I-VII e solo U = Vat. lat. 2962 l'opera completa in quattordici libri; i libri VIII-XIV sono esclusi dalla princeps di Felice Osio e dall'edizione di Muratori) ed elementi esterni potrebbero attestare la divulgazione di parti dell'opera non ancora conclusa. Dopo una descrizione codicologica e contenutistica di U, l'A. passa a considerare la fisionomia di un progetto complessivo di edizione trecentesca delle opere storiografiche di Mussato, testimoniato dai mss. BDE: essi presentano tutti la seconda redazione del De gestis Henrici (studi filologici di M.G. Gianola), De gestis Italicorum I-VII, la Traditio Padue ad Canem Grandem, il Ludovicus Bavarus (tavola col contenuto di tutti i codici). Inoltre l'A. presenta gli elementi interni ed esterni che inducono a considerare i due De gestis parti di un unica impresa. La seconda parte del saggio è dedicata ad un'analisi filologica minuziosa dei primi quattro libri del De gestis Italicorum, tramandati in tutti i mss., e in particolare alla definizione della posizione di U, codex unicus per i libri VIII-XIV. Escludendo E in quanto descriptus di D (ampiamente dimostrato per altre opere), L'A. presenta e discute i luoghi e le varianti che consentono di determinare le seguenti posizioni stemmatiche. B e D dipendono indipendentemente da un subarchetipo comune; allo stesso modo L e U discendono, per il De gestis Italicorum, indipendentemente da un altro subarchetipo, e U si dimostra particolarmente viziato da errori di copia; l'A. discorda da Gianola, che riteneva U dipendente da L per il De gestis Henrici, avanzando piuttosto l'ipotesi di una contaminazione nella composizione. Sono discussi nel dettaglio i passaggi in cui U presenta una lezione migliore della concordanza degli altri tre codici (possibile poligeneticità), i luoghi problematici del testo che configurano la possibile presenza di punti non chiari e di varianti d'autore nell'originale. Si pone il problema dell'archetipo, ritenuto probabile ma non dimostrabile con certezza. Infine è analizzata la presenza di rubriche in tutti i testimoni del De gestis Italicorum, ma secondo sistemi diversi nelle due famiglie; se ne conclude per la derivazione indipendente da un medesimo apparato di note marginali, che non sarebbe dunque autoriale, e si offre in appendice l'edizione di tali rubriche. In conclusione, l'A. indica i passi da compiere per arrivare a una compiuta conoscenza della trasmissione del corpus storiografico mussatiano e a determinare la posizione anomala di U, contenente il vecchio De gestis Henrici e i nuovi libri del De gestis Italicorum.


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