L'articolo ripropone una relazione presentata al convegno «La letteratura di intrattenimento nel Medioevo latino» (organizzato dalla Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino, Firenze, 22 marzo 2013). Nell'introduzione l'A. passa in rassegna i passaggi comici e divertenti di alcuni trattati grammaticali, spaziando per l'intero medioevo: Andrea Guarna, Bellum grammaticale; Alessandro di Villadei, Doctrinale (grammatica versificata); Matthias Ringmann, Grammatica figurata; Carmen episcopi Brunonis; Doctoris Noe declinatio, dal ms. München, BSB, Clm 641. Si passa poi all'argomento principale, le opere di Virgilio Marone Grammatico: se molti critici hanno espresso giudizi decisamente negativi su di lui, a causa delle stranezze, degli errori e delle incongruenze dei suoi scritti, non è mancato chi ha ritenuto che si tratti invece di una riuscita parodia (P. Lehmann, F. Brunhölzl, M. Bachtin, G. Polara). L'A. propone allora un sunto della riflessione degli studi sui passi che hanno indotto la critica a reputare l'opera, a seconda delle opinioni, un coacervo di stravaganze o una parodia, alla ricerca della reale finalità che si proponeva l'autore. L. Munzi (in «Tertius Vergilius ego»: l'etica della grammatica «Res publica litterarum. Studies in the Classical Tradition» 16 [1993] 69-83; cfr. MEL XVI 3571) si concentrava sulle assurdità e sulle invenzioni di Virgilio, ma L. Holtz (in Donat et la tradiion de l'enseignement grammatical. Etude sur l'«Ars Donati» et sa diffusion (IVe-IXe siècle) et édition critique Paris 1981; cfr. MEL XIII 2528) individuava alcuni elementi tematici in comune con Donato e con il commento di Sedulio Scoto al De verbo di Eutiche; inoltre il testo di Virgilio è perfettamente accettabile dal punto di vista linguistico. V. Law (in Fragments from the Lost Portions of the «Epitomae» of Virgilius Maro Grammaticus «Cambridge Medieval Celtic Studies» 21 [1991] 113-25; cfr. MEL XIV 3058) ha contribuito al vaglio dei brani corretti e ragionevoli in esso presenti, individuando anche una componente sapienziale nel contenuto del testo; ma - si chiede l'A. - è conciliabile in un testo nell'Irlanda del VII sec. (collocazione tradizionale di Virgilio) la parodia con l'opera sapienziale? Il lettore sarebbe stato in grado di comprendere simili sottigliezze? La risposta di Lehmann, Brunhölzl, Polara e Smolak è che i grammatici successivi recepirono il testo senza distinguerle. L'A. adotta invece un approccio filologico alla questione, esplorando integralmente la tradizione indiretta di Virgilio nei secoli VII e VIII, senza individuare in essa alcuna traccia dei presunti passi parodici, comici, assurdi o stravaganti; essi si trovano solo nei tre principali testimoni diretti, tutti del IX sec. (Napoli, BN, IV.A.34; Amiens, BM, 426; Paris, BNF, lat. 13026), piuttosto differenti tra loro (interpolazioni, ampliamenti, riduzioni) e privi di sezioni che Virgilio stesso asserisce di aver scritto (le Epitomae XII, XIII, XIV, mentre la XV è solo nel Napoletano). La tradizione indiretta è analizzata dall'A. secondo alcune categorie. La prima sono i testi che condividono con Virgilio brani di argomento etimologico: il ms. Milano, Ambrosiana, F 60 sup., il più antico frammento superstite del grammatico; i computisti irlandesi; passi dal ms. Oxford, Bodl. Libr, Digby 63; il De temporum ratione di Beda; un computo del Monte Amiata del 745-747 (il Divisiones temporum trasmesso dai codici Firenze, Laurenziana, Conv. soppr. 364; Pl. 20.54; Cesena, Malatestiana, D.XXIV.1); i mss. München, BSB, Clm 17739 (Isidoro di Siviglia), Clm 6302, Clm 14276, Paris, BNF, lat. 10616 (commenti al Genesi); il commento al Pentateuco dello ps. Beda; la Collectio canonum Hibernensis; le Interrogationes vel responsiones tam de Veteri quam de Novi Testamenti; il commento alle epistole cattoliche dello ps. Ilario di Poitiers. In ogni caso, secondo la datazione tradizionale, la prima attestazione di tutti questi passi sarebbe quella di Virgilio. Vi sono poi le riprese di passi attribuiti a Virgilio, ma per lo più non attestati dai codici della tradizione diretta: Florilegium Frisingense (sec. VIII), un passo condiviso dal Collectaneum miscellaneum di Sedulio Scoto (sec. IX), dai Collectanea dello ps. Beda (metà VIII sec.), dal Liber de numeris, nel codice Zürich, ZB, Rheinau 140 (metà sec. VIII) e come soggetto di un epigramma di Milredo di Worcester. Aldelmo di Malmesbury, nella sua invettiva contro i maestri irlandesi (Epistola ad Ehfridum), riprende da Virgilio solo una frase assolutamente assennata. La grammatica irlandese Auraicept na n-Éces (Sillabario dei letterati) utilizza un brano che condivide la fonte con un passo di Virgilio in un contesto che non ha nulla di parodico. Anche nell'Ars grammatici Sergilii (Irlanda, VII sec.) vi sono riferimenti a passi non attestati nella tradizione diretta, ma il testo - secondo R. Marshall - è esso stesso da intendersi scritto come critica parodica di Virgilio: questo escluderebbe che si tratti di una ricezione precarolingia (sarebbe l'unica) degli elementi comici. L'A. non rinviene citazioni di argomento parodico nemmeno analizzando le opere grammaticali vere e proprie (Anonymus ad Cuimnanum, De ortographia di Beda, Ars grammatica di Bonifacio, Ars di Malsachanus, Ars grammatica di Clemente Scoto, Ars metrica di Cruindmel, Ars Laureshamensis, commenti di Sedulio Scoto all'Ars maior e all'Ars minor di Donato, Ars di Tatuino, Liber in partibus Donati di Smaragdo di Saint-Mihiel, Adbreviatio artis grammaticae di Orso da Benevento), così come non se ne ritrovano nei testi di una serie di manoscritti grammaticali esaminati principalmente da B. Löfstedt, nella sua edizione di Virgilio (München-Leipzig 2003; cfr. MEL XXXII 4065) e in altri studi (frammenti in Wien, ÖNB, Ser. n. 3762; Sapientia ex sapore in Nancy, BM, 317 e in München, BSB, Clm 6415 e Clm 6413; Glossarium Harleianum in London, BL, Harley 3376; Bern, UB, 276; Leiden, UB, Voss. lat. 4° 33; Montpellier, Bibl. Interuniv., 306; Bern, UB, 83; München, BSB, Clm 6411; Roma, Bibl. Angelica, 1515; Paris, BNF, lat. 7930) e nemmeno nelle catene grammaticali irlandesi (ad es. Donato Ortigrafo). I risultati di quest'indagine, unitamente al fatto che in contemporanea con i tre testimoni diretti si interrompe la ricezione di Virgilio, portano l'A. a concludere che questi siano l'esito di pesanti interpolazioni da parte dei dotti carolingi, intenzionati a denigrare in forma parodica l'opera nel contesto del contrasto tra i nuovi maestri e la vecchia scuola grammaticale irlandese; la tradizione indiretta, esente dai passi comici e stravaganti, offrirebbe allora un'immagine più fedele al testo originale.
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