Il saggio è dedicato alla figura di Anatolij Lunacarskij, futuro ministro della cultura della giovane repubblica dei Soviet, durante la rivoluzione del 1917. Socialdemocratico internazionalista, come amava definirsi, Lunacarskij si adoperò invano nel 1917 per ricomporre la lacerazione fra le due ali della socialdemocrazia russa, bolscevichi e menscevichi, nella convinzione che soltanto l'unità delle sinistre potesse, nella drammatica condizione in cui si trovava la Russia rivoluzionaria, evitare al paese lo scivolare verso la dittatura bolscevica e la guerra civile. Attraverso una fonte poco nota, e cioè le lettere alla moglie rimasta in Svizzera, si mette in evidenza, in particolare, la lucida e sofferta percezione che aveva Lunacarskij, a partire dalle tragiche giornate di luglio, del montare della collera dalle viscere della società e dell'inesorabile precipitare della situazione, col progressivo restringersi dei margini di scelta per i diversi attori.
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