L’incidenza del lavoro irregolare è legata in modo complesso, secondo nessi di causalità bi-direzionale, all’assetto istituzionale dei contesti in ritardo di sviluppo e risponde a motivazioni sia dei datori di lavoro, sia dei lavoratori stessi.Al fine di spiegare come e perché alcune politiche “falliscono” in alcuni contesti mentre in altri generano l’impatto atteso è necessario indagare le motivazioni razionali che spingono imprenditori e lavoratori ad operare nel sommerso, considerando la loro reciproca interazione. Il presente lavoro propone una riflessione critica sull’impianto delle politiche di regolarizzazione dell’economia sommersa finora messe in campo in Italia: gli strumenti “diretti” di emersione, le politiche del lavoro “flessibile” e le misure di contrasto all’irregolarità/illegalità nel Mezzogiorno.
Il ragionamento si articola nell’ambito di un quadro teorico che lega la prospettiva neoistituzionale, l’approccio economico-evolutivo e la valutazione realista delle politiche di emersione. Ne risulta che queste ultime sono sistemi complessi di governance del mercato del lavoro, del sistema di welfare e di ordine pubblico in relazione a contesti circoscritti, che agiscono come vincolo e/o opportunità di cambiamento delle scelte degli agenti. I processi di regolarizzazione sono perseguibili, quindi, attraverso un approccio integrato di policy che promuova l’accesso e l’espansione dei mercati e assicuri l’efficacia della vigilanza, incidendo su meccanismi individuali e sociali di natura economica, cognitiva e motivazionale.
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