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«Chiedere a lingua»: Boccaccio e dintorni

  • Autores: Cosimo Burgassi
  • Localización: Studi di Lessicografia Italiana, ISSN 0392-5218, Vol. 33, 2016, págs. 5-20
  • Idioma: italiano
  • Texto completo no disponible (Saber más ...)
  • Resumen
    • English

      The analysis starts from the description provided by Guido Cavalcanti in Giovanni Boccaccio’s Decameron: "oltre a quello che egli fu un de’ migliori loici che avesse il mondo e ottimo flosofo naturale [...] su fu egli leggiadrissimo e parlante uom molto [...] e con questo era ricchissimo, e a chiedere a lingua sapeva onorare cui nell'animo gli capeva che il valesse" (VI, 9 8).

      On the basis of this well known quotation the expression chiedere a lingua has a certain importance in the literature of the late Renaissance in authors who reflect the expressive qualities of the most authentic Florentine linguistic tradition: Antonfrancesco Grazzini, Benvenuto Cellini, Benedetto Varchi, Annibal Caro, Bernardo Davanzati.

      The essay retraces the history of this phrase inYestigating where it occurs and clarifying every time its meaning in the syntactic context on the basis especially of the translation of classical texts. For the earlier period the article consideres the many interpretations of the Decameron and provides new documentation especially referred to the Vernacular translation of Livy's Terza decade very important for understanding this expression.

    • italiano

      L’analisi prende le mosse dalla descrizione di Guido Cavalcanti nel Decameron di Giovanni Boccaccio: "oltre a quello che egli fu un de’ migliori loici che avesse il mondo e ottimo flosofo naturale [...] sì fu egli leggiadrissimo e parlante uom molto [...] e con questo era ricchissimo, e a chiedere a lingua sapeva onorare cui nell'animo gli capeva che il valesse" (VI, 9 8). Sulla scorta di questo celebre passo la locuzione chiedere a lingua gode di una certa fortuna nella letteratura del Rinascimento maturo in autori che riflettono l'espressività della tradizione linguistica forentina più schietta: Antonfrancesco Grazzini, Benedetto Varchi, Benvenuto Cellini, Annibal Caro, Bernardo Davanzati.

      Il contributo ripercorre la storia di questo modulo fraseologico, indagandone i contesti di ricorrenza e precisandone, di volta in volta, il signifcato nel quadro sintattico, alla luce in particolare delle traduzioni dei testi classici.

      Per la fase antica lo studio tiene conto dei numerosi commenti al Decamerone e offre nuovo materiale documentario, soprattutto con riferimento al volgarizzamento della Terza decade di Tito Livio particolarmente rilevante per la comprensione della formula in esame.


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