I centri storici minori, convenzionalmente definiti dalla soglia demografica di cinquemila abitanti, costituiscono un universo problematico.
Essi differiscono per storia, qualità urbana, livelli di autonomia o dipendenza da altri insediamenti, e variamente condividono condizioni di spopolamento, invecchiamento e arretratezza, scarse opportunità di lavoro e di welfare e “distanza” dalle aree più dinamiche del Paese: categoria quest’ultima oggetto di una particolare attenzione a livello istituzionale.
Questo contributo esplora la dimensione statistica del fenomeno, e si focalizza sulle pratiche che hanno ad oggetto il recupero – per necessità o nella dimensione del tempo libero – di un patrimonio costruito secondo regole tradizionali che ha manifestato una resilienza al rischio sismico superiore alle nuove costruzioni.
Rimane tuttavia ancora molto da fare, stante lo iato tra propensione delle elite urbane a una generica riappropriazione di stili di vita evocati dai borghi storici e l’esperienza del presente che ci consegna luoghi e patrimoni in condizioni di degrado e abbandono spesso irreversibili.
Di fatto, non ostante le tematiche di riuso siano contese tra conservazione e pianificazione, sono le politiche ad essere carenti. La rivitalizzazione richiede una programmazione a livello regionale e un plausibile ancoraggio alle politiche territoriali e alle tecniche di recupero urbano, chiamando in causa la dimensione del comfort in una chiave profondamente rinnovata.
Smaller historic towns, conventionally defined by a population threshold of five thousand inhabitants, differ in history, urban quality, levels of autonomy or dependence on other settlements. Despite their relevance - they are home to 17% of the population over a territory corresponding to approximately 54% of our Country – only fairly recently they have achieved an important role in the institutional agenda.
This paper focuses on depopulation conditions, ageing and backwardness, poor employment and welfare opportunities, and, above all, "distance" from the most dynamic areas of the Peninsula, highlighting several scattered re-use and regeneration practices dealing with the built environment – either out of necessity or for holiday use - which has recently shown much greater resilience to seismic risk than new structures.
Still, the gap between propensity of the urban elite in a general re-appropriation of lifestyles evoked by the historic towns and the decay and often irreversible abandonment affecting most of them could not be greater.
As a matter of fact, being part both of urban planning and cultural heritage concerns, re-use and regeneration policies of such huge underused stock stand as imperative strategies, and conservation programming should meet both regional planning issues and urban renewal techniques.
© 2001-2024 Fundación Dialnet · Todos los derechos reservados