L’obiettivo di questo lavoro è duplice. Innanzitutto cercheremo di descrivere la relazione, se esiste, tra il regime di contrattazione del salario e le performance di produttività, sia attraverso un confronto europeo sia attraverso un focus sull’Italia. Una parte consistente della letteratura sostiene che, in generale, il salario variabile, attraverso le sue varie forme di incentivi salariali, bonus, retribuzioni di risultato e cottimo si trovi in una relazione positiva rispetto alle performance della produttività. Tuttavia, l’evidenza empirica sembra contrastare con quest’affermazione. Nel nostro studio si rileva che i paesi con livelli di produttività più alti in Europa utilizzano meno le forme di salario variabile, che di contro sembrano essere leve utilizzate maggiormente nei paesi dell’Europa centro-orientale e nei paesi dell’Europa mediterranea, proprio per alzare il salario complessivo che è generalmente più basso. In particolare, nel caso italiano, dove queste forme di salario variabile sono relativamente più diffuse rispetto al resto d’Europa, la performance della produttività, specialmente negli ultimi due decenni, è stata particolarmente negativa. Da ciò discende, ed ecco il secondo obiettivo, la nostra proposta di un accordo quadro di contrattazione al secondo livello, con la fissazione ex ante di obiettivi di produttività a cui legare le forme di salario variabile, sulla scia di altre proposte che vanno nella stessa direzione (Fadda, 2009; Ciccarone, 2009; Messori, 2012; Antonioli, Pini, 2013).
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