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Perché si parla (si dovrebbe parlare) oggi in Italia di politiche industriali?

  • Autores: Andrea Ginzburg
  • Localización: Economía & lavoro: rivista quadrimestrale di politica economica, sociologia e relazioni industriali, ISSN 0012-978X, Vol. 48, Nº 3, 2014, págs. 67-78
  • Idioma: italiano
  • Texto completo no disponible (Saber más ...)
  • Resumen
    • L’articolo argomenta che le politiche industriali appaiono le riforme strutturali adeguate all’attuale, difficile fase di costruzione di una nuova integrazione internazionale nell’epoca della globalizzazione. Si tratta di interventi in cui coesistono aspetti di domanda e offerta effettiva, superando l’unilateralità delle misure “strutturali” concentrate sul lato dei costi del mercato del lavoro. Queste ultime, come tutte le altre misure proposte entro la prospettiva dell’“economia dell’offerta”, hanno dimostrato di essere in grado di avere rilevanti effetti sull’aumentare le disuguaglianze di reddito, ma scarsi effetti sulla crescita e quindi sugli investimenti necessari ad affrontare, nella crisi, l’upgrading e la riconversione strutturale delle economie. Nel caso dell’Italia, si sostiene che le politiche “strutturali” del mercato del lavoro adottate per aumentare la flessibilità si fondano su due premesse che, ad un’analisi più approfondita, si rivelano infondate: l’idea che si debbano importare le riforme del mercato del lavoro attuate in Germania poiché esse sarebbero alla base del modello di sviluppo export led della Germania e l’idea che l’Italia soffrirebbe di un’evidente perdita di competitività di prezzo che richiederebbe un aggiustamento dei salari relativi. Si argomenta che queste analisi si fondano su definizioni di “competitività” e di “specializzazione” non in grado di rappresentare la complessità delle trasformazioni in atto, e quindi conducono a politiche destinate all’insuccesso.


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