The law November 6, 2012, n. 190, concerning Provisions for the suppression of corruption and illegality in public administration, introduces the prohibition of disclosure of the identity of the civil servant denouncing illegal acts within the public administration.
The legal institution interferes with both the provisions of the Code of Criminal Procedure regarding the complaint and anonymous documents, both those relating to various aspects of admission and recruitment of witness evidence. So there is the problem of inding the delicate balance between the demands made on the basis of “no cognitive” and the need to ensure that the criminal trial guarantees always the right of confrontation
La legge 6 novembre 2012, n. 190, recante Disposizioni per la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, ha introdotto il divieto di comunicare le generalità del dipendente pubblico che denunzia fatti illeciti nell’ambito della pubblica amministrazione.
L’istituto è destinato ad interferire sia con le disposizioni del codice di procedura penale in tema di denunzia e documenti anonimi, che con quelle che disciplinano, sotto vari proili, l’ammissione e l’assunzione della prova testimoniale. Si pone, dunque, il problema di individuare il delicato punto di equilibrio tra le esigenze poste a fondamento del “divieto cognitivo” e la necessità che nel processo penale sia sempre garantito il contraddittorio nella formazione della prova.
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