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I tipi di potestà legislativa statale e regionale nella riforma costituzionale

    1. [1] University of Teramo

      University of Teramo

      Teramo, Italia

  • Localización: Istituzioni del federalismo: rivista di studi giuridici e politici, ISSN 1126-7917, Nº. 1, 2016, págs. 87-116
  • Idioma: italiano
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  • Resumen
    • La riforma costituzionale proposta dal Governo Renzi aumenta in modo considerevole le competenze esclusive statali, elimina quelle concorrenti, conserva la competenza residuale in capo alle Regioni, pur accompagnandola con l’enumerazione di specifiche competenze. Apparentemente, essa semplifica la linea di riparto costituzionale e riduce le ipotesi di conflitto legislativo fra enti. Tuttavia nel nuovo art. 117 vi sono pure materie definite secondo tecniche inedite, che pongono questioni interpretative complesse. Si tratta in particolare delle disposizioni generali e comuni, delle disposizioni di principio in tema di forme associative di comuni, delle competenze definite in ragione della dimensione nazionale dell’interesse e della clausola di supremazia, che funge da criterio di chiusura (e di deroga) degli elenchi di materie. Muovendo dall’analisi di questi diversi tipi di potestà legislativa, l’Autore giunge alla conclusione che la riforma delinea un modello fortemente centralizzato nel quale i confini delle materie regionali sono segnati più che dalle norme costituzionali di competenza, dalla volontaria autolimitazione del legislatore statale, di cui risultano il mero “effetto riflesso”. Dalla garanzia giurisdizionale si passa insomma alla garanzia politica e lo stesso principio di leale collaborazione pare destinato a ridurre il proprio raggio di azione al cospetto di strumenti di esercizio unilaterale della supremazia statale, che si impone in chiave gerarchica, piuttosto che consensuale.


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