A differenza di altre crisi sistemiche, conosciute nel passato più o meno recente, quella attuale non appare transitoria. Essa sembre invece investire, dalle fondamenta e per intero, il modello socioeconomico fondante il capitalismo del mondo occidentale.
Parte rilevante di tale modello è costituita dal sistema del diritto privato moderno, nato dalle due rivoluzioni (borghese e industriale) e caratterizzato da un'impronta razionalistica, per un verso, e marginalistica per altro verso. Sistema che si è evoluto, anche profondamente, nel passaggio al Novecento, mantenendo tuttavia vive le proprie categorie ordinanti e riuscendo ad attraversare anche la grande frattura propria di quel passaggio senza interrompere la continuità del proprio impianto logico formale: mai abbandonato, sia pure progressivamente adeguato ai mutamenti della realtà che da quel passggio iniziarono una progressiva accelerazione.
Le categorie del diritto dei privati sono oggi al centro di un dibattito o, megio, di numerosi diversi dibattiti mossi dalla diffusa sensazione che in larga parte siano esaurite la loro capacità conoscitiva e la loro utilità pratica. Tra le aree dove più significativamente ciò si manifesta è certamente quella della finanza. Entro i generali confini di questa si trova poi in particolare la finanza derivata, additata quale causa della prima crisi -quella seguita allo scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti- e poi anche come principale rsponsabile dei più gravi episodi di crisi di debito sovrano negli anni più recenti; ancora, come fattore di trasformazione (ovvero, in chiave critica, di deformazione) del ruolo delle banche di gestione del rischio sistemico e, di seguito, di contagio dei bilanci dei medesimi enti creditizi. Qui, le categorie proprie della finanza contemporanea appaiono ad un tempo corresponsabili della crisi economica nonché esse stesse componenti del sistema investito dalla crisi.
Connotata dall'assenza di connessione strutturale con fenomeni di produzione o di circolazione di ricchezza e dall'assenza assoluta di correlazione con beni o valori collocati nella realtà esterna ovvero con la così detta economia reale, la finanza derivata si può, insomma, considerare come una metafora della crisi. Essa si rivela perciò sede privilegiata di osservazione della consistenza e della resistenza delle categorie civilistiche tradizionali o, ancora, della adeguatezza di quelle nuove a fronte della realtà socio-economica contemporanea.
A guardare dall'alto, sia la proprietà che il contratto, che la responsabilità civile, i tre pilastri strutturali del sistema privatistico dei diritti ne soo infatti toccati profondamente. Per ovvie ragioni -avendo l'attività finanziaria pur sempre a epicentro oggettivo beni originati e/o costituiti da rapporti negoziali- la scena è tuttabia, inequivocabilmente occupata dal contratto. In breve: i soggetti e la disciplina della capacità, la conclusione e i conflitti d'interessi, la causa e l'oggetto, i rimedi dei contratti della finanza derivata sfuggono per motissimi versi all'inquadramento nelle linee delle corrispondenti categorie tradizionali. È perciò in primo luogo con riguardo al contratto che, messe a fuoco le peculiarità e le ragioni di irriductabilità agli usati concetti, occorre chiedersi cosa esse esprimano rispetto alle attitudini funzionali del principale strumento di esercizio dell'autonomia privata e, di conseguenza, rispetto agli stessi contenuti di quest'ultima nel sistema fondato sull'ordine pubblico costituzionale e comunitario.
Il terreno è smisurato: è possibile coprirne una porzione minima, limitata, oltre che ai rapporti contrattuali, in tale ambito, per scelta, (quasi) esclusivamente ai profili interenti ai soggetti e ai procedimenti formativi, rispetto ai quali è, ad avviso di chi scrive, più immediatamente percepibile l'effetto della crisi, di accelerazione del ripensamento dei fondamenti ideologici e concettuali dell'autonomia privata e delle relative categorie.
Il risultato, ove si voglia delineare la prospettiva della adozione di logiche (e categorie) prima reputate prevalentemente pubblicistiche- sia ai fini della disciplina di sistema che sul piano delle regole dei singoli rapporti contrattuali- ricompone le lenee di una tendenza, comune anche all'esperienza nordamericana, al ritorno a modelli di controllo, appunto, di stampo pubblicistico dei mercati finanziari.
Unlike other systemic crises, experienced in a more or less proximate past, the current one does not appear to be transient. Instead, it affects the fundamentals of the social and economic model of western capitalism.
A relevant part of such a model is constituted by the system of modern private law, originated from the two revolutions (the French and the industrial) and characterized by both a rationalistic and marginalistic hallmark. The system evolved significantly in the passage to the 20th Century, even though it managed to keep its founding categories unaltered, surviving that great fracture by preserving the continuity of its logical-formal structure, which was never really abandoned, but rather adjusted to the societal changes that, from then on, became more and more frequent.
Private law categories are today the subject-matter of a debate or, better, of a number of different debates boosted by the widespread sense that they have for the most part exhausted their cognitive potential and practical usefulness. The financial sector is among the areas more patently affected by this trend. Within its general boundaries is, in particular, derivative finance, pointed to as the cause of the first crisis -in the aftermath of the bursting of the real-estate bubble in the United States- and among the main causes of the more recent crisis of sovereign debt; moreover, derivative instruments have been a key factor for the transformation (or, in a critical sense, deformation) of the role played by banks in the management of systemic risk and for the consequent contagion of their balance-sheets. Here, the peculiar categories of contemporary finance are, at the same time, liable for the current economic crisis and integral parts of the very system struck by the crisis.
Derivative finance, characterized by the lack of structural links to the production of commodities or circulation of wealth (actually, completely disconnected from the so-called "real economy"), can be considered a metaphor of the crisis. It reveals itself as the privileged area where private law catgories, the traditional as well as the new ones, can be challenged through a meticulous reality-check.
Property, contracts and civil liability -the three structural pillars of the system of private-law rigths- are all together deeply affected. However, for obvious reasons- as the epicenter of all financial relationships is represented by goods originated and/or actually constituted by covenants -a central role has to be acknowledged to contracts. In brief: the traditional rules on capacity, formation, conflicts of interest, cause, object, and remedies can hardly be reconciled with the peculiarities of derivative finance. It is hence primarily with respect to contracts that a profound reconsideration needs to be accomplished, with a view to assessing whether private autonomy complies with the public policy mandated by state and community constitutional law.
The field is immense: it is possible to cover only a small part of it, purposefully limited to the study of subjects and formation proceedings, where, according to the author, can be more immediately perceived the effects of the crisis, thus accelerating the reconsideration of the ideological and conceptual foundations of freedom of contract.
The result, assuming the adoption of logics (and categories) once considered peculiar to public law in governing the stability of the system and contractual relationships, reassembles the lines of a tendency, common to the North-American experience, to restore a monitoring system of financial markets essentially based on public oversight.
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