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Il Corporativismo: un paradosso della politica economica dello stato fascista

  • Autores: Natascia Ridolfi, Ada Di Nucci
  • Localización: Pecunia: revista de la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, ISSN 1699-9495, Nº. 19 (jul-dic), 2014, págs. 61-80
  • Idioma: italiano
  • Títulos paralelos:
    • Corporativism: a paradox of the economic policy of the fascist state
  • Enlaces
  • Resumen
    • English

      The objective of the test is to determine whether the intervention of the fascist state in the economy of the country has been made, not only by prosecutors appointed to this function and the heads of the fascist party, first by Mussolini, also from the central and peripheral structures corporatist system.The contractual power of the working class, already completely ousted from the union reform of fascism, namely the creation of a single trade union, was permanently deleted after the autonomy of the Confederation against the National Council of Corporations and the Corporations, except for short and timid brackets started after 1936. Among the reasons for this change in the attitude of the industrialists have to remember that in the second half of the thirties the Italian economy registered a strong orientation war that came the need for greater commitment working class to meet the needs of a partial conversion of the plants and increased productivity. It was still very timid openings. In essence, the Confederation remained entrenched in their positions. Moreover it was unthinkable that technocrats and industrial might ask a very enlarged participation of the guilds to plan launched by the government

    • italiano

      L’obiettivo del saggio è di accertare se l’intervento dello Stato fascista nell’economia del paese sia stato effettuato, oltre che dai ministeri deputati a tale funzione e dai vertici del partito fascista, in primis da Mussolini, anche dalle strutture centrali e periferiche del sistema corporativistico.Il potere contrattuale della classe operaia, già del tutto esautorato dalla riforma sindacale del fascismo, dalla creazione cioè di un unico sindacato, fu eliminato definitivamente in seguito all’autonomia della Confindustria nei confronti del Consiglio Nazionale delle Corporazioni e delle Corporazioni, ad eccezione della breve e timida parentesi collaborazionistica avviata dopo il 1936. Tra i motivi di questo cambiamento nell’atteggiamento degli industriali bisogna ricordare che nella seconda metà degli anni Trenta l’economia italiana registrava un deciso orientamento bellico per cui si avvertì l’esigenza di un maggiore impegno della classe operaia per rispondere alle esigenze di una parziale riconversione degli impianti e di una maggiore produttività. Si trattava comunque di aperture molto timide. Nella sostanza, la Confindustria restò arroccata sulle sue posizioni. Del resto era impensabile che tecnocrati e industriali potessero chiedere una partecipazione molto allargata delle Corporazioni al piano industriale varato dal governo


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