Con la nascita, tra Otto e Novecento, dello Stato amministrativo, le necessità finanziarie legate all’organizzazione di nuovi servizi pubblici spinsero la dottrina a mettere in dubbio l’eccezionalità e la restrittività delle norme tributarie, avviando la revisione della teoria ermeneutica che su tale dogma poggiava. In seguito, i compiti assunti dallo stato «multifinale» degli anni Trenta e la nascita di un’organizzazione amministrativa parallela a quella statale, determinò l’affiancarsi alla finanza di Stato di un sistema finanziario per fini particolari, che reclamava anch’esso la revisione dei tradizionali istituti di diritto tributario. Per far fronte a tali necessità, Griziotti e Vanoni invocarono l’applicazione analogica delle norme tributarie. Ma, nell’Europa di quegli anni, vi fu anche il tentativo di trasportare l’interpretazione delle leggi tributarie direttamente nell’ambito della libera ricerca del diritto. In questo contesto si colloca l’intervento di Giannini del 1941 su «L’interpretazione e l’integrazione delle leggi tributarie», il cui intento appare quello di dare una risposta alle problematiche sorte con l’aumento dei bisogni finanziari dell’apparato pubblico, mantenendo però fermi i principi dello stato di diritto e del positivismo giuridico, assieme con lo specialismo disciplinare della scienza giuridica.
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