L’esame delle «carte professionali» di Massimo Severo Giannini costituisce una prospettiva privilegiata non solo per analizzare l’approccio e la metodologia gianniniana allo studio dei fenomeni giuridici nella loro dimensione concreta, ma anche per approfondire la consistenza e la tenuta di alcune delle principali «invarianti» che ne hanno maggiormente caratterizzato la produzione scientifica: è il caso, ad esempio, della problematica dei limiti all’applicazione del diritto privato rispetto alla disciplina organizzativa e all’attività dei soggetti pubblici; o della trasformazione della nozione di servizio pubblico e dei rapporti concessori; o, ancora, della necessità di limitare e circoscrivere il riferimento alla nozione di discrezionalità amministrativa; o, infine, dell’importanza di valorizzare l’autonomia e il pluralismo degli ordinamenti giuridici. Ne emerge confermata l’immagine unitaria dello scienziato e del professionista del diritto, capace di dominare una pluralità di discipline (anche non strettamente pubblicistiche), attento allo sviluppo storico e alle trasformazioni dell’ordinamento, sferzante nelle critiche alle disfunzioni e alle contraddizioni del sistema ma sempre incline a trarre dall’analisi della complessità una costruzione concettualmente rigorosa.
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