L’articolo prende spunto dai materiali empirici raccolti negli ultimi otto anni sul tema del lavoro sociale e della relazione fra operatori sociali e organizzazioni del welfare. Quel che accade al welfare locale in tempi di crisi è contemporaneamente una contrazione delle risorse economiche, un irrigidimento dei meccanismi di controllo della spesa e delle prestazioni erogate, una precarizzazione contrattuale, una apertura al mercato: così che le trasformazioni in corso ridisegnano profondamente il ruolo degli addetti e delle rispettive organizzazioni, quindi i giochi relazionali fra soggetti pubblici, no profit e profit, e fra questo variegato gruppo professionale ed i cittadiniutenti dei servizi. L’ipotesi di lavoro che utilizzeremo considera gli operatori come "relè organizzativi" (Crozier-Friedberg, 1990), capaci contemporaneamente, grazie alla loro collocazione di frontiera (Ferrari, 2010a) di ricevere sollecitazioni, elaborare i propri saperi e informarne le strutture di appartenenza (Comuni, aziende sanitarie locali, cooperative), contribuendo alla costruzione delle politiche sociali locali. Intento di questo saggio è di porre in evidenza come nel lavoro di relazione - sociale e non solo - siano individuabili diverse forme di sconfinamento, che possiamo considerare come un aspetto di lavoro gratuito, implicito, diffuso e pressoché sconosciuto, con l’obiettivo di evidenziarne le ambivalenze e le potenzialità riflessive.
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