A growing share of the economically active population is reported to be temporarily unable to work or to have reduced work ability as a result of chronic diseases, which require special forms of rehabilitation, monitoring and treatment. Many implications exist for these people in terms of income, job opportunities, career and social inclusion, with the economic impact that chronic diseases have on national health and welfare systems which is still given little attention. This problem is further compounded by higher life expectancy and the upward adjustment of the age criteria to enter retirement. Yet it is a fact that people’s increased longevity leads to either higher demands in terms of social and health services or to higher costs resulting from increased life expectancy. Further, public budgetary constraints and the consequent strengthening of the subjective and the objective criteria to enter retirement and access social assistance often oblige people to stay on longer at work and thus to put up with physical and psychological issues, which in turn result in reduced ability to work and higher rates of absenteeism. Following on from these considerations, this paper will provide an examination of the following aspects through a comparative perspective: the shortcomings of the solutions put forward by labour law and social protection systems; the significance of shifting from disability allowances and passive policies to activation policies and initiatives concerning employability, adaptability and retention; the prevention of chronic diseases at the workplace level; the industrial relations perspective and the review of concepts like “presence at work”, “working task”, “full compliance with one’s duties”.
Ad oggi, il numero di persone appartenente alla popolazione attiva che soffre di qualche malattia cronica è aumentato in modo considerevole, senza, però, che tale fenomeno sia stato accompagnato da un’adeguata risposta da parte del sistema di previdenza sociale, il quale ha concentrato il proprio intervento su politiche di tipo passivo. Né è stato oggetto di approfondito studio l’impatto che le malattie croniche producono, posto che le stesse incidono negativamente non solo sulla futura sostenibilità del sistema di previdenza sociale, ma anche sul contratto di lavoro delle persone che ne sono affette. L’obiettivo che con il presente lavoro ci si prefigge, dunque, è quello di mettere in luce la rilevanza che riveste lo studio delle malattie croniche per la futura evoluzione del diritto del lavoro e della previdenza sociale. A tal fine, viene realizzata un’analisi delle diverse implicazioni che questo tipo di malattie determina dal punto di vista della produttività e dell’organizzazione del lavoro, mettendo in evidenza i limiti delle risposte che oggi vengono fornite dal diritto del lavoro e della previdenza sociale, unicamente concentrate sui sistemi di quota e sulla concessione di sussidi. Si giunge, così, alla conclusione secondo cui risulta indispensabile il passaggio da politiche di tipo passivo, che comportano l’esclusione dei malati cronici dal mercato del lavoro, a politiche attive che ne favoriscano l’occupabilità e consentano loro di conservare il posto di lavoro o trovarne uno nuovo. Si segnala, inoltre, la necessità di ridefinire le politiche di conciliazione, che devono far sì che i malati possano rendere compatibile lo svolgimento del proprio lavoro con le nuove esigenze che derivano dal fatto di soffrire della malattia, così come di promuovere la prevenzione di questo tipo di malattie. Da ultimo, si mette in evidenza il ruolo fondamentale che riveste la contrattazione collettiva nel dare risposta alle necessità dei malati cronici sul luogo di lavoro e che dovrebbe evolvere in direzione di un nuovo concetto di presenza sul lavoro e di adempimento degli obblighi lavorativi. La necessaria trasformazione del diritto del lavoro e della previdenza sociale con riferimento alle malattie croniche si deve al fatto che la riduzione della popolazione attiva, determinata da un aumento delle malattie croniche tra le persone che ne fanno parte, rende imprescindibile che le stesse mantengano il proprio lavoro, e ciò in quanto, se così non fosse, si metterebbe a rischio la sostenibilità a medio e lungo termine del sistema di previdenza soci.
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