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Resumen de La percezione del 'barbaricum': Libanio e la realtà extra antiochena

Marilena Casella

  • English

    This paper aims at exploring both the city of Antioch in the 4th century ad as a transit city, thus a melting-pot of cultures, and Libanius the rhetor: but they will be considered with regard to the extra- Antiochian context.

    Between the lines of Libanius’ speeches emerges the primary function of the Empire, that is to say the defence of the polis - a perfect microcosm - against barbarian hordes, observed according to classical stereotypes. Much has already written about Libanius’ image deformation of barbaric peoples, influenced by literary tradition: nevertheless, a careful analysis of his works will show some ability to place them in the wake of Libanius’ coeval climate, especially when the rhetor is tackling extremely topical issues.

    Among all the barbarians who threatened the Empire, Persians are the ones Libanius talks about the most. The considerable presence of this people in Libanius’ works is explained on the basis of the geographical proximity of this enemy: the rhetor harbours for Persians a dislike, that is justified in the light of their incessant and insidious incursions. In this increase in tensions and fears, close to the frontier zone - perpetually open to the encounter with the other -, one can imagine the comings and goings of troops, the passage of personalities engaged on a mission, the feverish activity of both Roman and Persians notables, primarily related to military sphere. Such a landscape has been pointed out by epistolary contacts, more conspicuous between Libanius and some members of the high military commands, including individuals belonging also to other barbarian ethnic groups: all of this reveals an interesting ‘intellectual cosmopolitanism’.

  • italiano

    In questo lavoro si guarderà nello specifico all’Antiochia del IV secolo d.C. come ad una città di transito, e, quindi, melting-pot di culture, e al retore Libanio messo in prospettiva su assi più generali: il rapporto con la realtà extra-antiochena. Tra le righe dei discorsi libaniani emerge la funzione preminente dell’impero agli occhi dell’Antiocheno, ossia la difesa del microcosmo perfetto che era la πόλις dalle orde di barbari, che incarnavano per lo più gli stereotipi elaborati in età classica. Si è a lungo parlato di deformazione dell’immagine libaniana dei barbari influenzata dai topoi letterari, eppure ad una analisi attenta dei suoi scritti si nota una qualche attitudine a porli sull’onda della temperie a lui coeva, soprattutto nel momento in cui si trovava ad affrontare problemi di scottante attualità.

    Fra tutti i barbari che minacciavano l’impero, i Persiani sono quelli di cui l’Antiocheno parla più spesso. La consistente presenza di questo popolo nell’opera libaniana si giustifica con la vicinanza geografica del nemico verso cui il retore nutre un’avversione giustificabile a causa delle continue ed insidiose incursioni. In questo incremento di tensioni e timori, in prossimità della zona frontaliera, perennemente esposta all’incontro con l’Altro, si può immaginare l’andirivieni di truppe, il passaggio di personalità in missione, l’attività febbrile di personaggi sia romani che persiani legati alla sfera militare in particolare, come attestano i contatti epistolari, numericamente più cospicui fra Libanio ed alcuni esponenti degli alti comandi dell’esercito, anche con individui appartenenti ad altre etnie barbare, non solo persiani quindi, che palesano un interessante «cosmopolitismo intellettuale»


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