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La escena indisciplinada: Pratica ed estetica del formato teatrale breve in Spagna

  • Autores: Dominique Serena Antignano
  • Directores de la Tesis: Francisco Mango (dir. tes.), Manuel Ángel Vázquez Medel (dir. tes.), Juan Carlos Fernández Serrato (dir. tes.)
  • Lectura: En la Universidad de Sevilla ( España ) en 2017
  • Idioma: español
  • Número de páginas: 202
  • Tribunal Calificador de la Tesis: Lorenzo Mango (presid.), Cristina Valentí (secret.), Eduardo Pérez-Rasilla Bayo (voc.), Manuel Ángel Vázquez Medel (voc.)
  • Programa de doctorado: Programa de Doctorado en Comunicación por la Universidad de Cádiz; la Universidad de Huelva; la Universidad de Málaga y la Universidad de Sevilla
  • Materias:
  • Enlaces
    • Tesis en acceso abierto en: Idus
  • Resumen
    • Analizzare le attuali pratiche estetiche del teatro contemporaneo spagnolo, in riferimento al formato breve, richiede una riflessione stratificata che pone non pochi problemi metodologici. Malgrado i recenti tentativi di ricostruzione1 di una storia del teatro breve in ambito europeo, mossi probabilmente dalla volontà di interpretare una moda della brevità sempre più diffusa, sembra ancora non essere percepita la necessità di esplorare e problematizzare le ricadute sociali, culturali ed espressive di un formato che specificamente nel contesto ispanico sembra destabilizzare il teatro stesso.

      Se solo si presta attenzione alla saturazione di aggettivi – corto, breve, minimo, nano, micro – con cui viene definito il piccolo formato made in Spagna, ci si accorge che la nozione di brevedad è molto più complessa delle riconosciute shorts forms internazionali in quanto non solo fa riferimento alla definizione di una precisa economia espressiva di cui la brevità è cifra, ma è anche e soprattutto istituzione di un genere.

      A partire dal 2009 il formato breve irrompe nella scena teatrale spagnola in modo sorprendente dando vita ad un fenomeno straordinario che la rivista britannica «The Guardian» ha definito come una revolución cultural dentro del teatro español, ed il giornalista Javier Molina de «El País», denomina Milagro teatral en pequeño formato2 . Si tratta di un fenomeno vivo, in continua espansione e profondamente radicato nella cultura spagnola, le cui caratteristiche strutturali sono essenzialmente: brevedad y bajo precio, espacios no convencionales, cercanía espectadoractor, digitalización del mundo teatral, escenografía minimalista, […], sesión continua […], multiplicación exponencial del n° de espectadores […]3 .

      Dato significativo della questione è che, malgrado il forte impatto mediatico e culturale, le pratiche del formato breve contemporaneo risultano quasi del tutto sprovviste di archivi e depositi documentali che possano permettere un’indagine storiografica attendibile.

      Questo aspetto colloca l’oggetto di studio in un territorio instabile in quanto l’assenza di fonti affidabili rispetto alla produzione teatrale breve contemporanea non consente di individuare un modello drammaturgico unitario, né un registro estetico riconoscibile in grado di orientare la ricerca in maniera adeguata.

      In questa prospettiva è inevitabile chiedersi quali problematiche implichi un tipo di studio che, pur inserendosi in un processo socio-artistico in cui si ridefinisce il concetto di fruizione dello spettacolo, in realtà sembra non auspicare ad una reale rifondazione del linguaggio teatrale. Ci si ritrova quindi dinanzi ad un fenomeno che sebbene rappresenti un momento di rottura rispetto alla convenzione teatrale standard, non riesce tuttavia ad operare dei cambiamenti significativi dello statuto teatrale, tali da godere di uno status estetico riconosciuto.

      In questo territorio d’incertezza verso cui la critica specializzata ha mostrato uno scarso interesse, ci si chiede dunque quale sia il punto di vista più appropriato per leggere un fenomeno problematico, dai contorni non definiti, ma che nello specifico spagnolo ha inaugurato un preciso modello di pratica e fruizione teatrale. L’ipotesi storiografica per cui il metodo d’analisi deve definirsi necessariamente in corso d’opera, storicizzando specifici contesti e avvalendosi dell’interazione con altre prospettive teoriche, sembra essere lo sguardo critico più pertinente.


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